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LA RICERCA DELLA FELICITA'
Drammatico
di Gabriele Muccino
con Thandie Newton, Jaden Smith, Will Christopher Smith
117 minuti - USA 2006

Sul mito della «seconda volta» e del «diritto alla felicità» il cinema americano ha costruito buona parte della sua fortuna. E dei suoi soggetti. Per questo l' esordio statunitense di Gabriele Muccino poteva rivelarsi da una parte piuttosto agevole (sarebbe bastato «copiare» certe atmosfere e certe situazioni) e dall' altra decisamente complicato (va bene copiare, ma poi il confronto avrebbe potuto essere devastante). Senza tener conto del fatto che guidare una troupe hollywoodiana, con una star come Will Smith a capo, è un (bel) po' più complicato che dirigere un film con la Bellucci e Bentivoglio. Per questo La ricerca della felicità mi sembra un film decisamente riuscito. Non un capolavoro, certo, ma un bel film medio (che non è una diminuzione, anzi) capace di rivelare nel regista romano una serie di potenzialità che nei suoi film italiani finivano per essere poco sviluppate. Che Muccino sappia imprimere alle sue opere una notevole fluidità narrativa e alle riprese una scorrevole naturalezza non è certo una novità. Ma sia nell' Ultimo bacio che in Ricordati di me mi era sembrato di cogliere un po' di furbizia di troppo, di chi non vuole dispiacere a nessuno e quindi finisce per «assolvere» i peccati di tutti, rivelandosi consolatorio più che partecipe. Nella Ricerca della felicità questo atteggiamento di fondo sparisce e quella che poteva essere la più scontata e zuccherosa delle storie (un uomo precipita ai gradini più bassi della povertà prima di risalire verso il successo) diventa il ritratto coinvolgente e credibile di un americano alle prese con le tante contraddizioni della vita e della società. La storia (vera) è quella di Chris Gardner (Will Smith) che all' inizio degli anni Ottanta, a San Francisco, campa a fatica piazzando macchinari medici. Quando le spese diventano più dei guadagni e la moglie insoddisfatta (Thandie Newton) se ne va, Chris è appena riuscito a farsi accettare a un corso gratuito per aspiranti broker. Con il figlio Christopher a carico (Jaden Smith, figlio di Will anche nella vita reale), finirà per ritrovarsi a far la coda con altri homeless davanti ai dormitori pubblici, deciso però a non arrendersi né come genitore né come professionista. Muccino sceglie di raccontare questa storia utilizzando il più possibile ambientazioni dal vero - ricoveri per senzatetto compresi - per imprimere al film un' atmosfera credibilmente realistica (aiutato anche dalla fotografia di Phedon Papamichael). Ma soprattutto sembra attento a controllare e dove possibile a frenare ogni troppo facile concessione emotiva. Le piccole umiliazioni che Chris deve sopportare durante il corso, la domenica passata allo stadio tra persone infinitamente più ricche di lui, la notte trascorsa nella metropolitana, l' egoismo degli amici, sono tutti episodi che avrebbero potuto essere raccontati con ben altra enfasi. E invece scorrono sullo schermo con invidiabile naturalezza. Allo stesso modo la recitazione di Will Smith è sempre intelligentemente controllata, quasi trattenuta, così da dar vita a un personaggio credibile, non «hollywoodiano», che facilita il coinvolgimento emotivo dello spettatore e che aiuta a raccontare il mito dell' «edonismo reaganiano» da un' angolazione meno scontata e superficiale. Permettendo a Muccino di evitare le trappole in cui era caduto in passato. In questo modo l' eterna favola del successo a portata di mano diventa qualche cosa di più complesso e credibile. E una commedia a lieto fine (perché così è stata la vera storia di Chris Gardner) la conferma di una professionalità davvero matura. Che ha dimostrato di saper fare a meno di certi facili stereotipi giovanilisti per mettersi al servizio di un' idea di regia che forse non è immediatamente gratificante (non si può dire che questo sia un film «d' autore») ma che può davvero aprire la porta di una lunga e bella carriera.
Paolo Mereghetti (Il Corriere della Sera)
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