Commedia di Duncan Tucker con Fionnula Flanagan, Graham Greene, Felicity Huffman, Elizabeth Peña, Burt Young, Kevin Zegers 103 minuti - USA 2005
Dove e come trova il suo equilibrio un uomo che si sente donna al punto di essere pronto a qualsiasi sacrificio pur di trasformarsi in una "lei"? E' il problema di Bree, ex Stanley, che da diciassette anni, fra assunzione di ormoni, sedute di psicoanalisi ed esercizi vocali per alleggerire i toni gravi della voce, lavora a diventare femmina. Ma Transamerica non è, o almeno non è soltanto, la storia di un transessuale. Travalicando l'aspetto meramente fisiologico, il film dell'esordiente Duncan Tucker, sceneggiatore e regista, ne fa una questione più universale che attiene al tema della ricerca e affermazione della propria identità. E in quest'ottica di gioco di specchi si spiega l'idea di affidare il ruolo a un'attrice invece che a un attore: un azzardo risultato vincente grazie alla scelta di Felicity Huffman, candidata all'Oscar per un'interpretazione che si può davvero definire straordinaria.
Cameriera in un ristorante messicano di Los Angeles e con l'aria molto perbenino, Bree è giunta al sospirato traguardo di liberarsi definitivamente, tramite intervento operatorio, del suo involucro maschile, ma ecco che apprende di essere padre di un adolescente, frutto dell'unico rapporto eterossessuale della sua vita. L'irrequieto Toby (l'emergente Kevin Zegers), che campa prostituendosi, è in prigione, sicché a malincuore Bree deve andare a New York per tirarlo fuori dai guai. Il ragazzo la scambia per una missionaria cristiana decisa a redimerlo e ne derivano una serie di equivoci che punteggiano in modo divertente e amaro un lungo viaggio di ritorno, alla fine del quale la (o "il"?) protagonista riuscirà a chiudere i conti con il passato e affrontare con più maturità e consapevolezza la nuova vita. In tutto ciò è fondamentale l'apporto della Huffman, che ha accettato di spogliarsi della sua femminilità ricostruendola dal di dentro in una personificazione di gran classe e coinvolgente emozionalità. Ma l'intero cast funziona perfettamente, ben intonato com'è al coerente e stilizzato disegno della regia. Alessandra Levantesi (La Stampa)
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