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Lunedì 29 Aprile 2024
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AI CONFINI DEL PARADISO
Drammatico
di Fatih Akin
con Baki Davrak, Nursel Kase, Hanna Schygulla, Tuncel Kurtiz, Nurgül Yesilçay, Patrycia Ziolkowska
122 minuti - Germania, Turchia 2007

Seduto sulla sabbia, rivolto al mare, Nejat (Baki Davrak) è in attesa del padre. Il vento si sta alzando, e presto la barca di Ali (Tuncel Kurtiz) si mostrerà da dietro il molo del piccolo porto di Trebisonda. Su questa immagine, pacificata e quieta, si chiude Ai confini del paradiso (Germania e Turchia, 2007, 122'). Auf der anderen Seite, così suona il titolo tedesco del film scritto e girato da Fatih Akin,nato ad Amburgo 34 anni fa da genitori turchi. E «dall'altra parte» o ancora meglio «sull'altro lato», su quello che manca ai loro cuori, cercano d'arrivare gli uomini e le donne di questa storia che corre fra Paesi lontani e lingue lontane (purtroppo, nel doppiaggio italiano va perso l'intrecciarsi di turco, tedesco e inglese dell'edizione originale). Ognuno è separato da ogni altro, e come in attesa, in questa storia di solitudini colme di nostalgia e desiderio. Così ha vissuto e vive Ali, immigrato in Germania. La sceneggiatura, asciutta e commossa, ce lo lascia immaginare più giovane, nella fatica di campare la vita e di crescere Nejat, che ora insegna letteratura tedesca all'Università di Amburgo. Poi, con pudore, ce ne indica la separatezza da quel figlio ormai tanto diverso da lui. Non è "a casa" nella sua stessa casa, il vecchio Ali. Può solo fingere d'esserlo, coltivando qualche piantina di pomodoro e pagando la compagnia di Yeter (Nursel Köse). Come lui, anche Yeter è straniera a se stessa, e più di lui è lontana dalla figlia Ayten (Nurgül Yesilçay). Non ha progressione lineare il racconto di Ai confini del paradiso. Al contrario,le singole vicende dei protagonisti sono come cerchi che si incontrano e si attraversano, più d'una volta legati da immagini ripetute. Così, per esempio, mentre Nejat parla ai suoi studenti della classicità di Johann Wolfgang Goethe – e del suo rifiuto della rivoluzione, che paga qualcosa di nuovo con la morte di qualcosa d'antico –,la regia mostra una giovane donna sdraiata sul banco, addormentata. Torneremo a vederla molto tempo dopo, in un'immagine che sta in controcampo rispetto alla prima. Sapremo allora che si tratta di Ayten, quella Ayten che Nejat è andato inutilmen-te a cercare a Istanbul. Il caso li ha avvicinati, ma il loro incontro non c'è stato, e ognuno resta nei confini tristi della sua " parte", in solitudine. Il caso, appunto, sembra il vero narratore di Ai confini del paradiso. Per quanto i protagonisti immaginino di decidere e scegliere, il loro cammino è interrotto e deviato da accadimenti non previsti, non voluti, eppure decisivi. Così accade ad Ali che, ubriaco, in uno scatto d'ira uccide la sua Yeter. E così accade a Lotte (Patrycia Ziolkowska), che muore per un colpo di pistola tanto assurdo quanto banale e indifferente. Sono, queste due morti, il filo rosso che attraversa il film. E infatti la sceneggiatura le dichiara in anticipo, con i titoli della prima e della seconda parte del racconto: La morte di Yeter e La morte di Lotte. Che cos'è la morte, se non l'altro lato della vita? Più definitiva e crudele d'ogni distanza, separa per sempre corpi e cuori. E al contrario, non accade forse che la lontananza dei corpi e dei cuori,l'incapacità di sentire l'altro e l'impossibilità di farsi sentire da lui, somigli a una morte? Lo sa bene Ali, che insieme con Yeter – e dopo essere andato in prigione –perde anche il figlio, o almeno l'ultimo legame che sembra restargli con lui. E lo sa bene la madre di Lotte, Susanne ( una trattenuta, disperata, bravissima Hanna Schygulla). Come spesso accade, tra le due donne c'è un rapporto pieno di fatica ma necessario, allo stesso tempo doloroso e tenero. Fatto di silenzi cupi ma anche di abbracci e di offerte d'amore, soffre del desiderio di Lotte di affrancarsi dalla madre, però seguendone il modello. E soffre anche dell'incapacità di Susanne di accettare sino in fondo che la figlia sia davvero se stessa, e insieme che sia tanto simile a lei. Come per Nejat e Ali, anche per Lotte e Susanne sembra non esserci possibilità di uscire da sé per ritrovarsi, ognuna finalmente sull'altro lato della propria vita. Partito da più separatezze – lingua da lingua, cultura da cultura, corpi da corpi, cuori da cuori –, Ai confini del paradiso procede verso un ricongiungimento che, tuttavia, sempre più si allontana. È il caso, appunto, che decide il cammino di tutti, senza tenere conto di quello che essi decidono e scelgono. E però, alla fine, è ancora il caso che guida ognuno fino a un imprevisto, dolcissimo ritorno "a casa". Oltre la morte, oltre l'angustia delle solitudini, una madre ritroverà una figlia, e un figlio un padre. E tutto accadrà nella dolcezza d'una attesa colma di promesse, pacificata e quieta.
Roberto Escobar (Il Sole 24 Ore)
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