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Lunedì 29 Aprile 2024
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PLANET 51
Cartoni animati
di Javier Abad, Jorge Blanco
90 minuti - Spagna, Gran Bretagna '09

Ai cartoni si addice il verde. Così, dopo la saga Shrek, ecco un pianeta tutto verde, che assomiglia tanto alla piccola città americana anni ' 50, modello Thornton Wilder, Bogdanovich o Joe Dante, secondo l' età. Ribaltando E.T., è Chuck, l' uomo astronauta che arriva come alieno col suo cane, a disturbare la tranquillità ripetitiva un po' Truman show. Qui si scatena un gioco di complicità che prevede un continuo cambio di alleanze, perché il nostro eroe grigio di tuta e rosa di pelle, un pupazzo Ben Affleck col casco, diventa amico del giovane Lem, fan dell' astronomia, che lo nasconde in casa seguendo lo schema del film di Spielberg. Le citazioni sono ottime e abbondanti, da L' invasione degli ultracorpi di Siegel a Singing in the rain di Donen e Kelly, perché il microcosmo è quanto di più middle America si possa immaginare: manca Nonna Papera, ma si fanno le grigliate in giardino, si comprano comics, si va al cinema a vedere nelle sale liberty horror di serie B alla Blob. Gli alieni vivono infatti nei colorati e apparentemente innocui anni ' 50 della Cia, di Doris Day e la guerra fredda, con fast food illuminati al neon rosa, cameriere su pattini a rotelle, felicità espansa. Gli spagnoli Jorge Blanco, Javier Abad, Marcos Martínez - film all american ma girato a Madrid - ribaltano le prospettive seguendo lo script di Joe Stillman, scrittore di Shrek: un continuo girotondo di personaggi pazzoidi e incoerenti come umani, carinerie sociologiche, un delizioso gag di cani che si conquistano pure l' happy end e un sottotesto che vira sulla società multietnica contro McCarthy e i Bush. Insomma, la morale non inedita, è che i «diversi» siamo noi (nel vecchio film di Losey aveva i capelli verdi il ragazzo off limits), noi che andiamo a colonizzare operosi popoli di altri pianeti, pronti però prima di farsi zombi a diventare paranoici soldati che predicano l' odio razziale e la vivisezione del cervello. Cambiare tutto perché resti come prima, direbbe il Gattopardo: classic cartoon. Il gioco di 90' è spiritoso e colorato anche in superficie, popolato da cose, persone e sentimenti buffi: se il piccino non afferra i contributi passati (i colti citano anche un romanzo di Asimov), si diverte comunque ai gag da Looney Tunes. Siamo nell' operazione film più merchandising, una serie di giochi, mercerie e forse lingerie, ma soprattutto fascicoli e libri. In attesa che la fantasia minorenne dia la patente dell' Evento. Per ora comunque è assai divertente.
Maurizio Porro (Corriere della Sera)
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